L’intervenuta cessazione della materia del contendere va considerata prima anche di eventuali motivi di inammissibilità del ricorso. Non importa in altri termini, sapere se la causa si è radicata o meno nelle forme e nei termini previsti qualora nel frattempo sia venuto meno l’interesse delle parti a coltivarla.
Questo è il principio ribadito dalla Suprema Corte nell’ordinanza del 7 novembre 2017 n. 26421 della sesta sezione (Pres. Cirillo, Rel. Manzon).
Secondo la Corte infatti “In tema di processo tributario, la causa di estinzione del giudizio prevista dall’art. 46 del d.lgs. n. 546 del 1992, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, prevale sulle cause di inammissibilità del ricorso per cassazione e va dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti”.