Il linguaggio usato dal relatore Lattanzi, di ottimo spessore giuridico, non chiarisce bene il senso della decisione della Corte Costituzionale n. 43 depositata il 2 marzo 2018 in relazione alla questione posta dal Tribunale di Monza in merito doppio binario sanzionatorio (amministrativo e penale) in ambito tributario e alla possibile violazione del “ne bis in idem” di matrice comunitaria.
Anzi, la motivazione scorre in maniera chiara e ben argomentata fino ai passaggi decisivi, nei quali si fa fatica a districarsi. E si ha l’impressione che, come talvolta accade per argomenti spinosi, non si sia voluta privilegiare la soluzione più chiara ed immediata del problema. Ma questa, si intende, è solo una nostra modestissima sensazione.
Ora, è noto che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, rubrica “Diritto di non essere giudicato o punito due volte” prevede letteralmente al comma 1: “Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato”.
I giudici rimettenti avevano al riguardo sottolineato come l’articolo 649 del Codice di procedura penale non prevede il divieto di doppio giudizio nel caso in cui il contribuente abbia omesso la dichiarazione. Con il risultato che nel caso concreto a cui si riferiva il giudizio la persona era stata sanzionata in via amministrativa con il pagamento del 120% delle imposte evase e venisse poi chiamata a rispondere del relativo reato.
Per i giudici lombardi la predetta sanzione ha un’evidente natura penale, quanto ad afflittività e dunque hanno posto il problema di una corretta applicazione del principio del “ne bis in idem”.
Il riferimento principale della Consulta è la sentenza della Corte EDU (grande Camera), 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, ric. n. 24130/11 e 29758/11. In tale pronuncia si era, inaspettatamente e contro i precedenti della stessa CEDU, stabilito che non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l’irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia già stato sanzionato in via definitiva dall’amministrazione tributaria con una sovrattassa (nella specie pari al 30% dell’imposta evasa), purché sussista tra i due procedimenti una “connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”.
La Consulta allora si muove su questo principio, che richiede che i procedimenti non siano necessariamente simultanei, ma consente la loro successione, a patto che essa sia tanto più stringente, quanto più si prolunga la durata dell’accertamento. E qui il grado di indeterminatezza resta, ci pare, ampio.
Sulle conclusioni lasciamo il campo alla lettera della motivazione, secondo la quale «In sintesi – sottolinea la sentenza – può dirsi che si è passati dal divieto imposto agli Stati aderenti di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l’uno dall’altro, alla facoltà di coordinare nel tempo e nell’oggetto tali procedimenti, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati a un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all’entità della pena (in senso convenzionale) complessivamente irrogata».
Al tempo stesso si vuol sottolineare che, in relazione al divieto del ne bis in idem, «non è affatto da escludere che tale applicazione si imponga di nuovo, sia nell’ambito degli illeciti tributari, sia in altri settori dell’ordinamento, ogni qual volta sia venuto a mancare l’adeguato legame temporale e materiale, a causa di un ostacolo normativo o del modo in cui si sono svolte le vicende procedimentali».
La Corte conclude con questa raccomandazione “resta perciò attuale l’invito al legislatore a «stabilire quali soluzioni debbano adottarsi per porre rimedio alle frizioni» che il sistema del cosiddetto doppio binario «genera tra l’ordinamento nazionale e la CEDU» (sentenza n. 102 del 2016)”.
Doppio binario salvo ma con espressa richiesta di un intervento legislativo e con l’indicazione di un doppio vaglio per i Giudici: a) quello sui tempi di svolgimento e sulla durata complessiva dei due procedimenti b) quello sulla entità (che deve essere non sproporzionata) della sanzione complessiva. Tutto chiaro? Una risposta sincera non può che essere negativa.