La sentenza n. 13 novembre 2018, n. 29133 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, (Pres. Cristiano, Rel. Stalla), respingendo un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, precisa alcuni importanti principi in tema di notifica delle cartelle di pagamento.
Per la Corte “In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, primo comma, seconda parte, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data deve essere assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale (…)”.
Nel caso specifico la commissione tributaria regionale aveva rilevato: “il concessionario, pur assumendo la spedizione mediante raccomandata rr, non ha prodotto la relativa certificazione, per cui sono tamquam non essent gli atti dallo stesso prodotti: l’attestazione delle poste italiane spa sull’asserito recapito del plico il 17 ottobre 2007; l’elenco riepilogativo delle raccomandate del concessionario medesimo”.
Questa valutazione, per la Sezione Tributaria, correttamente si fonda su un duplice principio di ordine strettamente giuridico, secondo cui: a) la prova del perfezionamento della notificazione della cartella in data certa grava sull’agente per la riscossione; al quale, del resto, è ex lege fatto onere (art.26 dpr 600/73) di conservare “per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”; b) la prova in questione deve essere fornita mediante relata ovvero avviso di ricevimento (appunto, a seconda della procedura seguita), non ammettendosi equipollenti: (Cass.23213/14 ed altre).
Né può l’amministrazione finanziaria far valere il principio secondo cui grava sull’opponente l’onere di provare la tempestività dell’iniziativa giudiziaria da lui intrapresa, posto che tale regola presuppone che l’atto, contro cui l’opposizione sia stata rivolta, sia stato validamente notificato in data certa; dovendosi altrimenti escludere che sia positivamente identificabile l’esatto dies a quo per il decorso del termine decadenziale di impugnazione.