E’ noto che in tema di elusione e abuso del diritto il nuovo articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente rivoluziona la precedente impostazione normativa e giurisprudenziale. In particolare al comma 1 si afferma che Configurano abuso del diritto (o elusione) una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
Con riferimento poi alle sanzioni penali correlate ad elusione e abuso il comma 13 del nuovo articolo prevede che Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
In questo contesto riformato la Corte di Cassazione, III Sezione Penale, nella sentenza n. 41755 depositata il 5 ottobre 2016 affronta il caso della contestazione di una grossa plusvalenza derivante, secondo la prospettazione accusatoria, da una successione di cessioni tra società del tutto simulate al fine di utilizzare una perdita in compensazione, evitando con ciò la tassazione. Secondo il tribunale del riesame non poteva dirsi che nel caso specifico vi fossero gli estremi per constatare l’elusione. Chiamata a pronunciarsi dalla Procura, la Corte precisa in primo luogo che può definirsi elusiva, e pertanto, sulla base della disciplina sopravvenuta, penalmente irrilevante, solamente una operazione che, pur principalmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario, sia tuttavia caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale meritevole di tutela per l’ordinamento, tale non potendosi ritenere un’operazione che sia, viceversa, meramente simulata.
In tale seconda fattispecie, la quale ricorrerebbe laddove la operazione costituisse “un mero simulacro privo di qualsivoglia effettivo contenuto” ci si troverebbe di fronte non tanto ad una ipotesi di abuso di un pur sussistente e valido negozio giuridico quanto ad una vera e propria macchinazione priva di sostanza economica il cui unico scopo, anche attraverso il sapiente utilizzo di strumenti negoziali fra loro collegati, sarebbe quello di raggiungere un indebito vantaggio fiscale.
Secondo la Corte è pertanto evidente che in una tale situazione, esulando la fattispecie dalla ipotesi penalmente irrilevante dell’abuso del diritto – postulando quest’ultimo concetto, come dianzi rilevato, comunque l’utilizzo di strumenti, ancorchè soggettivamente finalizzati ad effetti diversi da quelli tipici dei negozi realizzati, giuridicamente validi ed aventi una loro meritevole causa giuridica ulteriore rispetto alla mera elusione fiscale – non potrebbe considerarsi scriminata in forza di quanto disposto dal citato comma 13 dell’art. 10-bis della legge n. 212 del 2000 nel testo attualmente vigente la condotta di chi, al fine di conseguire un vantaggio fiscale, realizzasse esclusivamente negozi simulati o comunque affetti da altre nullità dal punto di vista civilistico.