Il valore di un immobile compravenduto non può essere rettificato solo sull’importo dell’ipoteca. Lo precisa la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 18385 del 4 settembre 2020 della Sezione Tributaria (Pres. Napolitano, Rel. Di Marzio). Infatti nel caso all’attenzione dei Giudici di Legittimità si è ritenuta sul punto valida la motivazione fornita dalla CTR la quale “ha ragionevolmente motivato che gli Istituti bancari iscrivono di regola ipoteca per un valore superiore a quello del mutuo concesso al fine di assicurarsi di rientrare, in caso di attivazione della procedura esecutiva, anche delle spese sostenute”.
L’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica fiscale, aveva notificato ad una contribuente degli avvisi di accertamento per recuperare a tassazione la maggiore IRPEF calcolata sul presunto maggior reddito derivante dall’acquisto di un immobile effettuato qualche tempo prima, il cui prezzo dichiarato in atti veniva ritenuto palesemente inferiore a quello pagato.
Tale convincimento era fondato sulla affermazione per cui “era consuetudine consolidata quella di dichiarare in atto pubblico un prezzo di gran lunga inferiore a quello effettivamente corrisposto, potendo in tal modo ottenere un notevole risparmio fiscale” nonché sull’iscrizione dell’ipoteca da parte dell’istituto di credito bancario per un valore superiore a quello dichiarato.
Nei due gradi di merito la contribuente aveva ottenuto ragione. Il che si verifica puntualmente anche dinanzi alla Sezione Tributaria, essendo ritenute inconsistenti le doglianze dell’Agenzia (tra l’altro secondo la Corte non rivolte a contestare la sentenza di appello, trattandosi di mere riproposizioni delle tesi già presenti nei gradi di merito e in qualche caso già tardivamente introdotte).
Interessante, come detto, la questione del valore indiziario della ipoteca iscritta sull’immobile, ritenuto non determinante in mancanza di altri concreti mezzi di prova.