“In tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie, l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicchè il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito di imposta non può avvenire tramite l’emissione di una cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito di imposta o quanto meno bonari (cass. n. 14949 del 2018; Cass. n. 11292 del 2016)”.
Questo il passaggio motivazionale rilevante nella ordinanza della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione n. 3752 del 8 febbraio 2019 (Pres. Cristiano Rel. Fasano).
Nel caso analizzato la Corte rileva come l’avviso bonario o comunicazione preventiva sarebbe stata necessaria, tenuto conto che il giudice di appello, con accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità (in quanto congruamente motivato), ha rilevato che con riferimento a tale periodo di imposta il credito IVA indicato dal contribuente era di euro 178,00, e non un debito, come qualificato dall’Agenzia delle entrate, di euro 95.894,12, evidenziandosi con ciò un risultato certamente diverso da quello indicato in dichiarazione,
Tale rilievo rendeva necessaria la comunicazione dell’avviso di irregolarità prima dell’iscrizione a ruolo della relativa imposta.
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene pertanto respinto, visto che sul punto la tesi dell’amministrazione, con specifica eccezione di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’ art. 1, comma 421, e della I. n. 311 del 2004 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) era stata quella che, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, l’Ufficio ha la facoltà e non l’obbligo di emanare un atto di recupero preventivo.