La sentenza n. 45308 del 9 ottobre 2018 della Corte di Cassazione, Sez. V penale (Pres. Zaza, Rel. Tudino) affronta la questione del reato di omesso versamento IVA in capo al liquidatore di Società.
Nel caso specifico, un ex amministratore di una Srl era stato condannato per il reato di omesso versamento IVA, mentre era stata esclusa la responsabilità del liquidatore in carica all’epoca della scadenza del versamento iva (data identificata con quella dell’acconto). I giudici di merito riscontravano infatti la responsabilità dell’amministratore derivante dal fatto di non avere accantonato le somme necessarie al pagamento dell’imposta. L’ex amministratore impugnava la sentenza, eccependo, tra le altre cose, la sua cessazione dalla carica di amministratore a decorrere da ottobre 2009 mentre il debito IVA aveva scadenza 27 dicembre 2010.
La normativa attuale di riferimento, in tema di sanzioni per omesso versamento IVA, è da ricercarsi nel combinato disposto dell’art. 10-ter del D.Lgs. n.74/2000 che individua la soglia di punibilità per detto reato a 250.000 euro per ogni periodo di imposta e dell’art. 10-bis del D.Lgs. n.74/2000. Detto articolo statuisce la pena consistente nella reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versi l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale (entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo) per un ammontare superiore a 250.000 euro.
Riguardo al soggetto responsabile la Corte di Cassazione, nella recente sentenza 8995/2018, aveva affermato che anche il liquidatore, per le ritenute, può assumere la qualifica di “sostituto d’imposta”, tuttavia specificano che questo risponde per l’omesso versamento “non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l’attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti.”
In tema di omesso versamento IVA, per accertare eventuali responsabilità del liquidatore, è necessario verificare se la carenza di liquidità per il pagamento dell’imposta sia dipesa da mancati accantonamenti di chi aveva amministrato, nel periodo ante-liquidazione, la società. Nelle società di capitali, la responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 grava sugli amministratori che devono adempiere gli obblighi imposti dall’ordinamento tributario. In forza di quanto richiamato dall’art. 2276 e 2489 codice civile anche il liquidatore è soggetto alla medesima disciplina prevista per gli amministratori e quindi passibile dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74. La Corte tuttavia, secondo un orientamento ormai costante, precisa che il liquidatore versi in una situazione di dolo eventuale e non di colpa solo quando non abbia posto in essere i controlli sugli ultimi adempimenti fiscali compiuti dall’amministratore.
Nel caso di specie la Corte pone l’accento sul mancato accantonamento delle somme necessarie al pagamento del tributo da parte dell’ex amministratore. Si legge infatti nel testo della sentenza “…non assumendo rilievo la circostanza per cui, alla data di scadenza del debito tributario, il soggetto formalmente obbligato fosse il liquidatore, assolto proprio in ragione dell’esiguità dell’arco temporale in cui ebbe a rivestire la carica e della ragionevole riconducibilità, secondo massime d’esperienza validate dallo stato di crisi aziendale, al precedente amministratore della mancanza delle necessarie risorse.” e, in aggiunta, “secondo il consolidato orientamento di legittimità, invero, non risponde del reato di omesso versamento dell’IVA chi, pur avendo presentato la dichiarazione annuale, non è poi tenuto, anche per fatti sopravvenuti, al pagamento dell’imposta nel termine previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, salvo che il pubblico ministero non dimostri che il soggetto abbia inequivocabilmente preordinato la condotta rispetto all’omissione del versamento.”