Ringraziamo i nostri amici e lettori di averci segnalato l’Ordinanza n. 1997 del 26 gennaio 2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Canzio, Rel. Diotallevi).
Nella predetta ordinanza la Corte, accogliendo il ricorso di un contribuente, ricorda che “il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto (…) ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra-tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la solo scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziario divenuto definitivo”,
Stiamo parlando, come è noto, dei principi affermati nella ormai celebre sentenza delle Sezioni Unite n. 23397 del 17 novembre 2016, nella quale si è detto che la decorrenza del termine per opporsi alla cartella di pagamento determina, come unico effetto, l’irretrattabilità del credito ma non anche la conversione del termine da prescrizione breve quinquennale a prescrizione lunga decennale.
Tale conversione dunque si ha solo ove intervenga un titolo giudiziale definitivo. Per tale ragione, “l’inutile decorso del termine perentorio per proporre opposizione, pur determinando la decadenza dell’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale[…] con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione” (cfr. anche Cass. SS. UU. n° 25790/09).
Dal che si deriva che pretese dei vari Enti (Agenzia Entrate, INPS, Comuni,…) dovrebbero tutte prescriversi nel termine “breve” di cinque anni, fatti salvi i casi nei quali la sussistenza del credito sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.