«L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta ad una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una persona fisica».
Riportando questo passaggio della sentenza 5 aprile 2017, Orsi (C-217/15) e Baldetti (C-350/15) della Corte di Giustizia UE, la III Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza 36699 depositata il 30 agosto 2019 (Pres. Liberati, Rel. Semeraro) afferma il principio per il quale se le violazioni tributarie hanno determinato una sanzione pecuniaria di natura afflittiva a carico di una società di capitali, qualora le sanzioni penali conseguenti alle violazioni predette siano state disposte nei confronti della persona fisica e non della persona giuridica sono insussistenti i presupposti per ravvisare una duplicazione di sanzioni nei confronti del medesimo soggetto a seguito delle medesime condotte, difettando il connotato ineludibile della identità dei soggetti sanzionati.
Nel ricorso dell’imputato si era infatti rappresentato inequivocabilmente che le sanzioni tributarie erano state inflitte alla s.r.l. di cui il ricorrente era il legale rappresentante.
La Corte ricorda anche, in tema di giurisprudenza interna, Cass. Sez. 3, n. 35156 del 01/03/2017, Palumbo, in tema di confisca, e Cass. Sez. 3, n. 54372 del 16/10/2018, Benedetti, sul reato di cui all’articolo 10-quater del d.lgs. 74/2000, che avevano affermato lo stesso principio.
Il motivo di ricorso viene pertanto dichiarato manifestamente infondato.