Con sentenza n. 8700 del 11 maggio 2020 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Di Iasi, Rel. Penta) torna ad esprimersi sulla questione della regolare notifica delle cartelle di pagamento nella circostanza in cui quest’ultime siano state consegnate a soggetti che non sono il destinatario dell’atto.
Secondo quanto stabilito dal codice di procedura civile (artt. 137 e ss.) di norma la notificazione degli atti da parte dell’ufficiale giudiziario è eseguita mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario (previo riconoscimento), presso la casa di abitazione oppure ovunque lo trovi nell’ambito della circoscrizione dell’ufficio giudiziario al quale è addetto. In alternativa la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio. Tuttavia qualora il destinatario non venga reperito in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario può consegnare, a condizione che il ricevente sia non minore di quattordici anni o non palesemente incapace, copia dell’atto: ad una persona di famiglia (chiunque appartenga allo stretto nucleo familiare, ma anche un parente o un affine legato da vincoli affettivi); ovvero ad una persona addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda (tutti coloro che hanno un rapporto di solidarietà e di collaborazione diretta col destinatario, purché tale rapporto si svolga abitualmente nel luogo indicato per la consegna dell’atto). Inoltre in mancanza delle persone appena indicate la copia può essere consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda o anche a un vicino di casa che accetti di riceverla; in questi ultimi casi, per espressa previsione del c.p.c., il consegnatario deve sottoscrivere l’originale, e l’ufficiale giudiziario deve dare notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata.
Vero è, come ricordato dalla Corte, che l’art. 60 del d.p.r. 600/1973 prevede esplicitamente che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente sia da eseguirsi secondo le appena ricordate norme stabilite dal codice di procedura civile. Il giudice Supremo ha comunque precisato che, del resto, lo stesso art. 60 nel porre in essere tale rinvio non manca di operare una serie di modifiche a quanto stabilito dagli artt. 137 e ss. del c.p.c.: è infatti previsto (comma 1, lettera b-bis) che l’inoltro della raccomandata informativa al contribuente sia prescritto quale adempimento essenziale ogni qualvolta il consegnatario non sia il destinatario dell’atto e non soltanto nei casi in cui la notificazione venga eseguita nei confronti del portiere o del vicino. La Corte, nel caso di specie, disattendendo quanto dedotto dall’agente della riscossione, ha infatti ritenuto illegittimo il mancato invio della raccomandata al destinatario per il semplice fatto che la consegna delle cartelle di pagamento fosse avvenuta nelle mani del figlio convivente del legale rappresentante della società e di un impiegato addetto alla ricezione degli atti.
Nel caso specifico una s.r.l. (all’epoca dei fatti s.a.s.) siciliana attiva nella produzione artigianale di ceramiche, con ricorso notificato alla società incaricata della riscossione, impugnava il preavviso di fermo di beni mobili registrati ad essa notificato nel 2010, con il quale era stata invitata a pagare, entro venti giorni dalla ricezione, la complessiva somma di euro 652.026,07 (comprensiva di interessi di mora, aggi, spese di notifica e spese di iscrizione). La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo dichiarava il proprio difetto di giurisdizione relativamente ai crediti di natura non tributaria indicati nel preavviso impugnato e rigettava il incorso, compensando integralmente fra le parti le spese di lite. Avverso questa sentenza la società contribuente proponeva appello chiedendo l’accoglimento del suo originario ricorso, previa sospensione cautelare dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati; mentre la società di riscossione si costituiva, depositando controdeduzioni con cui chiedeva il rigetto dell’appello e la condanna della società contribuente alle spese di entrambi i gradi del giudizio. Con sentenza resa nel 2013 la CTR Sicilia rigettava entrambi gli appelli. Per la cassazione della sentenza la s.r.l. proponeva ricorso sulla base di sei motivi deducendo, tra gli altri, la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 60, co. 1, lett. b-bis), del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto regolare la notifica delle cartelle di pagamento, nonostante la mancanza di prova dell’invio delle raccomandate informative prescritte.
La Suprema Corte, accolto il ricorso, ha pertanto cassato la sentenza impugnata per effetto del predetto motivo ribadendo il principio di diritto secondo cui “Non incide sull’applicabilità dell’art. 60 (del D.P.R 600/1973, n.d.r.) la circostanza secondo cui le notifiche sono state effettuate al figlio del socio accomandatario della contribuente o a soggetti addetti alla ricezione degli atti presso la sede della società, atteso che il comma 1, alla lettera b-bis, prescrive l’inoltro della raccomandata informativa ogni qual volta il consegnatario non è il destinatario dell’atto”.