Torniamo indietro di qualche giorno per segnalare una pronuncia di fine 2018. Si tratta della Sentenza n. 33565 del 28 dicembre 2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Di Iasi, Rel. Di Majo).
La questione verte sulla applicazione dell’art. 36, comma 4 ter del D.L. n. 248/07 conv. nella Legge n.31/2008, che reca la necessità che, nella cartella di pagamento, figuri l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.
Secondo la Corte ciò che si richiede, per rendere “personalizzato” il rapporto tra Amministrazione e Cittadino, è che si indichi il nome del responsabile del procedimento e a tale scopo non è certo sufficiente che si abbia ad indicare l’Ufficio o la struttura che è destinata a svolgere il procedimento (quale, nel caso di specie, il Direttore dell’Ufficio preposto all’iscrizione a ruolo). La “personalizzazione” è in funzione della chiara individuazione di una persona fisica responsabile della eventuale inosservanza del singolo procedimento, dovendo il contribuente sapere chi e in quale momento fosse “la persona fisica” appartenente all’Ufficio preposta allo svolgimento del procedimento.
Viene inoltre richiamato quanto affermato sul punto dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 377/2007: “… l’obbligo imposto ai concessionari di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento, lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni nei confronti del responsabile) e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, Cost. (si veda, ora, l’art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”)” (v. anche: Cass., ord., n.7656 del 2018; Cass., ord., n. 11856 del 2017; Cass., ord., n. 3587 del 2017; Cass. ord., n.332 del 2016 e Cass., ord., n. 13747 del 2013).
Si rammenta anche come, ai sensi dell’art. 7 I. 212/2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”), gli atti della P.A. debbano indicare:
“a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento; b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela; c) le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili”.
Come risulta da tali prescrizioni, l’indicazione è riferita non solo all’Ufficio ma anche al responsabile del procedimento.
In sostanza, specie a seguito della legge sul procedimento amministrativo (I. n. 241/1990), è ormai certo che tra la pubblica amministrazione e il cittadino viene già ad instaurarsi un rapporto personalizzato fonte di obblighi e diritti, la cui violazione genera pretese a favore del cittadino e ciò a prescindere dall’emissione dell’atto amministrativo. Responsabilità da rapporto e non solo in base all’atto emesso.