La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con l’Ordinanza 26218 del 28 settembre 2021 (Pres. Di Iasi, Rel. Russo) torna ad occuparsi della questione della revisione del classamento per microzone e della motivazione degli atti di revisione delle singole rendite.
La Corte ricorda come le sezioni unite (Cass. s.u. n. 7665/2016) abbiano affermato, al riguardo, che, quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, trattandosi di uno dei possibili presupposti del classamento e cioè di uno dei possibili fattori che possono determinare un aumento straordinario (superiore alla media) del valore economico medio delle unità immobiliari presenti nella zona.
In particolare, quando, si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi dell’ l’art 1 comma 335 della legge 311/2004, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la determina direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.
Ciò che rileva è il maggior incremento del valore medio di mercato di quella zona rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nell’intero territorio comunale. Per effettuare tale valutazione comparativa degli incrementi di valore, la norma utilizza come termine di partenza il valore della rendita catastale, sulla base dell’implicito presupposto che essa sia stata determinata a suo tempo, per tutti gli immobili, in misura equivalente al rispettivo valore di mercato o comunque ad una pari quota di esso. In tal modo, la revisione di cui al comma 335 è funzionale alla presa in considerazione, a fini di perequazione e riallineamento, degli incrementi di valore di mercato interessanti l’intera microzona – e quindi, indirettamente, le unità immobiliari in essa comprese – e non anche a correggere eventuali errori di valutazione in sede di determinazione originaria della rendita catastale relativa alla singola unità immobiliare e neppure ad aggiornare il classamento di esse in dipendenza di migliorie edilizie ad esse apportate.
Ne consegue che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’articolo 1, comma 335 dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione ha l’onere di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 249/2017 ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art 1 comma 335 I. 311/2014, affermando tuttavia che “l’operazione di revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale” e ritenendo “non irragionevole che l’accertamento di una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona abbia una ricaduta sulla rendita catastale. Il conseguente adeguamento, proprio in quanto espressione di una accresciuta capacità contributiva, è volto in sostanza ad eliminare una sperequazione esistente a livello impositivo”. Il Giudice delle leggi precisa tuttavia “che la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”
Di conseguenza, secondo la Sezione Tributaria, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati.
Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare.
Su queste basi i Giudici di Legittimità accolgono il ricorso della contribuente, cassando con rinvio la sentenza della CTR che non si era attenuta ai predetti principi di diritto.