L’articolo 28-ter del decreto sulla riscossione consente al concessionario, qualora il contribuente abbia degli importi a debito e al contempo, su segnalazione dell’Agenzia, si appuri che debba essere destinatario di un rimborso, di formulare una proposta di compensazione (anche parziale) tra credito da rimborsare e debito da assolvere.
E se il debito come quantificato non sia corretto, per il contribuente? Ovvero se fosse, per taluni carichi, decorso il termine di prescrizione?
Il caso viene deciso dall’Ordinanza 19 ottobre 2017 n. 24638 della Sezione filtro della Corte di Cassazione (pres. Cirillo, rel. Solaini).
Si tratta proprio di una fattispecie nella quale il contribuente ha impugnato la proposta di compensazione, ex art. 28 ter del DPR n. 602/73, non per rimettere in discussione la pretesa impositiva, oramai cristallizzata nelle cartelle di pagamento divenute definitive, ma per un fatto nuovo e sopravvenuto, rispetto alla notifica delle stesse, fatto che le renderebbe “invalide”, dovuto al decorso del termine prescrizionale di cinque anni del credito tributario Tarsu, in assenza di atti interruttivi, e ciò sulla base della legge regolativa del tributo (Cass. sez. un. n. 23397/16).
La Corte ricorda che sulla base di un consolidato orientamento “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabiiità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. sez. un. n. 19704/15).
Ebbene, una interpretazione estensiva del principio di diritto sopra enunciato porta, per la Sesta Sezione, a consentire la possibilità d’impugnare il credito iscritto a ruolo quantificato, nella specie, da una proposta di transazione, la cui mancata accettazione prospetta la ripresa della procedura coattiva, determinando l’interesse all’impugnativa, per una causa d’estinzione del medesimo credito fiscale, al fine di prevenire o anticipare il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione dell’azione esecutiva.