L’ordinanza 10 aprile 2018 n. 10035 (Pres. Iacobellis, Rel. Delli Priscoli) della VI Sezione della Corte di Cassazione decide sul ricorso dell’Agenzia delle Entrate basato su vari motivi, tra i quali uno in particolare riguarda l’eccepita violazione e falsa applicazione dell’art. 295 cod. proc. civ. e 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, per non avere la sentenza impugnata sospeso il giudizio in attesa dell’esito del giudizio pendente presso il giudice amministrativo sulla legittimità degli atti a monte dell’avviso di classamento in contestazione.
La specifica eccezione viene respinta così come le altre.
La Corte ricorda al riguardo che il processo tributario può essere sospeso ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.
Tale norma è da considerare derogatoria – solo quindi in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda (Cass. nn. 25766 del 2018; 23789 del 2018; 999 del 2016).
Il successivo comma 1 bis dell’art. 39, aggiunto dall’art. 9, comma 1, lett. o), del d.lgs. n. 156 del 2015, a decorrere dal 10 gennaio 2016, prevede oggi che “La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”. Ma questa ultima regola, come detto, è valida solo a far data dal 2016. Non viene quindi ritenuta applicabile al caso in contestazione, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato (Cass. nn. 25766 del 2018; 23789 del 2018; 17413 del 2018; 17412 del 2018).