“Con specifico riferimento alla professione di medico generico convenzionato con il SSN si è affermato che la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con d.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 3099 del 9 febbraio 2021 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Federici) che, in accoglimento del ricorso presentato da un medico generico esercente l’attività di medico pediatra convenzionato con il SSN, ha riconosciuto come la disponibilità di due studi professionali non costituisca un indice rappresentativo di autonoma organizzazione, ma solo uno strumento per il migliore (e più comodo per il pubblico) esercizio dell’attività professionale autonoma.
Nei fatti un contribuente presentava istanza di rimborso dei versamenti eseguiti ai fini Irap per gli anni d’imposta 2004/2008 perché, esercitando l’attività di medico pediatra convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale senza autonoma organizzazione, contestava i presupposti di assoggettamento all’imposta. Seguiva il silenzio della Agenzia, avverso il quale il contribuente presentava ricorso, poi accolto, alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone. La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva invece l’appello dell’Ufficio; in particolare il giudice regionale aveva riconosciuto autonomia organizzativa nelle modalità di esercizio dell’attività medica da parte del medico, apprezzando la disponibilità di due sedi destinate a studio professionale, in cui esercitare anche attività privatistica. Da qui il ricorso in Cassazione del contribuente.
I Giudici di legittimità hanno ricordato come quanto al significato di “autonoma organizzazione”, ex art. 2 d.lgs 446/1997, già la stessa Corte Costituzionale abbia puntualizzato che l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo (cfr. sentenza n. 156/2001). In tal senso la Corte di legittimità ha già a più riprese esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo il “id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr. Cass. sent 3676/2007, Cass. sent 25311/2014) qualora non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (cfr. SS.UU. 9451/2016).
La Corte, nell’esaminare il caso di specie, ha dunque sottolineato: che per la soggezione ad IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura organizzata, di cui questi si avvalga, faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo (ad esempio non riconoscendo la soggettività passiva all’imposta dell’avvocato che, collaborando presso importanti studi professionali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, cfr. Cass. ord. n. 4080/2017); che non ricorre il necessario presupposto della autonoma organizzazione ove il professionista si avvalga di un cd. assistente di sedia, di un infermiere generico assunto part time o di una segretaria, figure collaborative che anche per i tempi e le modalità di impiego non sono idonee ad accrescere le potenzialità professionali del medico (cfr. Cass. 12084/2018 e Cass. 9786/2018); che incombe sull’Ufficio l’onere di dimostrare le caratteristiche della strumentazione tecnica e la portata dell’eventuale attività di collaborazione, indicando gli elementi di fatto necessari ad integrare il presupposto d’imposta (cfr. Cass. n. 23999/2016).