La sentenza del 20 aprile 2016 n. 7881 della quinta sezione della Corte di Cassazione fa giustizia di un accertamento, simile a molti che capita di vedere, basato più su teoremi (tutti naturalmente pro-fisco) che su norme giuridiche. E’ davvero un caso in cui, senza sbavature, il Giudice di Legittimità fa fino in fondo il proprio lavoro in una vicenda in cui le Commissioni di merito in taluni teoremi si erano “impigliate” come sovente capita.
Sul punto principale il contribuente lamenta che il giudice di appello non ha correttamente individuato i presupposti della deducibilità di un costo e della detraibilità dell’i.v.a. corrispondentemente assolta. La decisione della CTR infatti fonda la legittimità del recupero in questione esclusivamente sul rilievo che, per il periodo dall’1.07.2004 al 31.12.2004, il costo in oggetto, diversamente che per il periodo precedente e per quello immediatamente successivo, non risulta assistito da contratto scritto. Ciò posto, secondo la Corte, deve osservarsi che, agli effetti della deducibilità di un costo (e della detraibilità dell’i.v.a. corrispondentemente assolta), rileva esclusivamente l’effettività del costo e la sua riferibilità all’attività o ai beni da cui derivano i ricavi e non anche il riscontro documentale del rapporto contrattuale tra le parti.
Ugualmente in relazione ad altri costi, accertati come indeducibili, la CTR aveva asserito che la società non avrebbe provato la loro inerenza. La ricorrente deduce violazione di legge, in relazione all’art 2697 c.c., lamentando che il giudice di appello non ha considerato che, in presenza di costo asseverato da fattura, incombe sull’Agenzia la prova dell’indeducibilità.
La doglianza per la Corte è anch’essa fondata, atteso che – data l’incontroversa esistenza di regolare fattura (di cui la decisione riporta in virgolettato la causale) – deve ritenersi operante la presunzione di veridicità di quanto in essa rappresentato, con conseguente onere dell’Agenzia di fornire prova dell’indeducibilità, per non inerenza, del costo (cfr. Cass. 21446/14, 24426/13, 5748/10). L’onere della prova insomma non deve gravare sul contribuente.