Laddove il contesto normativo a presidio della garanzia del contraddittorio preventivo sia quello della Carta di Nizza (e dunque “in ogni caso” relativamente ai tributi armonizzati), si deve aver riguardo, in giudizio, allo “stress test” evocato dalla sentenza Kamino International Logistics. La giurisprudenza UE, particolarmente nella “Kamino”, ha affermato che l’invocazione in giudizio del mancato svolgimento del contraddittorio preventivo, per essere rilevante, deve prospettare il fatto che la fase di difesa procedimentale, se si fosse realizzata, avrebbe potuto portare delle conseguenze sull’atto da emettere. Le Sezioni Unite del 2015 ci hanno detto poi che tale principio, oltre ad essere conforme alla giurisprudenza comunitaria, poggia, nel diritto interno, sul “pragmatico canone giuspubblicistico della strumentante (ovvero strumentalità) delle forme”.
Nella Ordinanza 11 febbraio 2020 n. 3227 della VI Sezione (Pres. Mocci, Rel. Capozzi) viene cassata una sentenza in cui la CTR aveva ritenuto invalido l’accertamento impugnato, per non essere stato attivato il contraddittorio endoprocedimentale, trattandosi di accertamento in materia di IVA dato che l’ufficio, sulla base delle medesime argomentazioni svolte dalla contribuente nel suo ricorso, si era poi determinato a modificare in modo più favorevole alla contribuente le precedenti sue determinazioni in una proposta di mediazione, poi rifiutata.
Per la Corte l’ufficio, nell’avanzare la proposta di mediazione, di cui all’art. 17 bis del d.lgs. n. 546 del 1992, persegue esclusivamente lo scopo di deflazionare il contenzioso, senza necessariamente condividere le concessioni fatte. Quindi non si può desumere da ciò l’utilità del contraddittorio preventivo.
Ora, tale lettura presta il fianco ad una critica, a nostro modesto avviso. Intanto va ricordato preliminarmente che il diritto vantato dal contribuente è espressamente sancito dall’articolo 41 della Carta di Nizza e non può essere limitato o condizionato. E si configura come diritto ad essere ascoltato preventivamente, con la prospettazione delle violazioni commesse (v. sentenza Sopropè) prima che nei suoi confronti venga emesso un provvedimento lesivo dei propri interessi. E’ un diritto presente in un testo di garanzia che, per espressa previsione del trattato di Lisbona, ha “la stessa efficacia dei trattati”.
Detto questo, per un elementare criterio di sostanza e di correttezza processuale, va sicuramente considerata l’utilità potenziale del contraddittorio in concreto. Al punto 79 della “Kamino” si legge infatti che la violazione del contraddittorio “determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.
Non si tratta necessariamente di un onere del contribuente la dimostrazione di questo aspetto, ma pare che possa essere una valutazione del Giudice. In questo senso la Corte di Cassazione, parlando di “dovere di enunciare” le ragioni (SS.UU. 24283/2015) è andata sicuramente oltre la lettura della Corte UE.
Tornando alla recente Ordinanza, nel caso di una riduzione della pretesa in mediazione è da ritenere che l’Agenzia, esercitando una funzione pubblica, abbia agito in conformità all’articolo 23 Costituzione. Cioé rispettando il vecchio ma sempre valido principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria. Principio che non va certo in contrasto con la presenza nel nostro ordinamento tributario di numerosi istituti deflattivi del contenzioso, che in qualche modo consentono all’ente impositore di «disporre» dell’obbligazione. Tale potere è infatti normativamente definito e rigoroso. Non pare che siano consentiti “sconti” che non siano motivati dal riconoscimento, anche solo parziale e tenendo conto di possibili esiti processuali, di una aliquota di ragione del contribuente.
Quindi se è vero che la derivazione automatica della utilità del contraddittorio dalla riduzione della pretesa in mediazione non è affatto scontata è altrettanto giusto considerare che o si è verificata nel caso specifico una non corretta ed illegittima riduzione oppure, in ossequio alle regole costituzionali, una aliquota di correttezza delle tesi del contribuente è stata riconosciuta e avrebbe ben potuto essere valutata in contraddittorio se questo si fosse svolto.