Con sentenza n. 25805 del 23 settembre 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Condello) è tornata ad esprimersi in merito al periodo di imposta in cui le provvigioni attive corrisposte agli agenti di commercio diventano imponibili concorrendo a formare reddito di impresa per gli stessi.
Nei fatti una contribuente, che aveva esercitato fino al 1992 l’attività di agente assicurativo, riceveva dall’Agenzia un avviso di accertamento per l’anno 2002 (ai sensi degli artt. 41 e 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) con il quale veniva accertato e recuperato a tassazione separata un maggior reddito pari ad euro 671.393,97, cifra corrispondente alla somma corrisposta nel 2002 da una compagnia di assicurazioni alla contribuente a titolo di provvigioni attive maturate nel 1991. Sia la CTP che la CTR rigettavano i ricorsi presentati dalla contribuente e dai suoi eredi. Da qui il ricorso per Cassazione con il quale gli eredi lamentavano, tra gli altri, il mancato riconoscimento per la somma ripresa a tassazione quale provento conseguito nell’esercizio di un’impresa commerciale maturato nel 1991.
Come ricordato dai Giudici di Legittimità: per quanto attiene alla natura del reddito le provvigioni attive spettanti all’agente, ai sensi dell’art. 55 del TUIR, si qualificano come redditi di impresa, a prescindere dal fatto che l’attività sia svolta in forma organizzata o meno; per quanto invece riguarda l’individuazione del periodo di competenza, appartenendo le provvigioni maturate dall’agente alla categoria dei proventi derivanti dall’espletamento di prestazioni di servizi (art. 3 DPR IVA), occorre avere riguardo all’art. 109, comma 2, lett. b), del TUIR, secondo cui “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti (…) alla data in cui le prestazioni sono ultimate”.
Ciò premesso dunque la verifica del momento di ultimazione non può prescindere dalla disciplina codicistica del contratto di agenzia, oggetto di significative modifiche ad opera del decreto legislativo del 15 febbraio 1999, n. 65, emanato in attuazione della direttiva comunitaria 86/653/CEE.
Come rilevato dalla Corte nell’occasione con la nuova formulazione dell’art. 1748 cod. civ. si è inteso porre in evidenza la dissociazione tra il momento costitutivo del diritto alla provvigione in capo all’agente ed il momento in cui la stessa provvigione (il cui diritto è già maturato) risulta esigibile, significando che il primo momento (quello costitutivo) viene ad esistere quando per effetto dell’intervento dell’agente si addiviene alla conclusione del contratto da lui promosso. E ciò a differenza di quanto previsto nella previgente formulazione dell’art. 1748 cod. civ. che stabiliva che l’agente acquisisse il diritto alla provvigione solo quando il contratto era stato accettato dalle parti ed aveva avuto regolare esecuzione (cfr. Cass. n. 5467/2000).
Per effetto delle modifiche operate dal citato decreto legislativo n. 65 del 1999, si è ritenuto individuare il momento di ultimazione della prestazione nella data in cui si verifica la stipula del contratto concluso grazie all’intervento di quest’ultimo (cd. contratto «procurato» dall’agente). L’art. 1748 cod. civ., nella sua nuova formulazione, prevede, infatti, che l’agente ha diritto alla provvigione “per tutti gli affari conclusi durante il contratto…quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”; il che rende irrilevante il momento di esigibilità del compenso per la prestazione svolta dall’agente, eventualmente previsto in contratto trattandosi di previsione che ha il solo scopo di dilazionare il pagamento della provvigione maturata (in tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 115/E del 8 agosto 2005).
Ovvero la prestazione si considera ultimata alla data in cui è concluso il contratto tra il preponente ed il terzo, atteso che in questo momento deve ritenersi conclusa la prestazione da parte dell’agente, posto che quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1742 cod. civ., ha l’obbligo di “promuovere…la conclusione dei contratti”: in tale momento, dunque, la provvigione non solo trae origine da una prestazione ultimata, ma soddisfa anche i requisiti di «esistenza certa ed oggettiva determinabilità» richiesti dall’art. 109 del TUIR ai fini dell’individuazione del momento temporale di imputazione a reddito dei componenti positivi e negativi. Resta invece irrilevante il momento di esigibilità del compenso per la prestazione svolta dall’agente, eventualmente previsto in contratto, trattandosi di previsione che ha il solo scopo di dilazionare il pagamento della provvigione maturata (come confermato dalla stessa Amministrazione Finanziaria con risoluzione n. 115/E del 8 agosto 2005).
Accolti i motivi del ricorso la Corte ha dunque cassato la sentenza impugnata disponendo il rinvio alla competente commissione tributaria. In particolare la C.T.R. ritenendo che gli importi percepiti dovessero essere assoggettati a tassazione separata sulla base del solo criterio cronologico del momento in cui le somme erano state percepite, aveva trascurato di valutare il titolo dal quale derivava il reddito percepito (ossia se i proventi, sebbene conseguiti a distanza di molti anni dalla cessazione dello svolgimento dell’attività d’impresa, dovessero comunque essere inclusi nella categoria del reddito d’impresa).