“Il contribuente deve essere ammesso a correggere ogni tipo di errore […] Ciò equivale ad affermare che anche il ravvedimento operoso, come la stessa dichiarazione dei redditi o dell’IVA e come ogni altra dichiarazione del contribuente, è ritrattabile o modificabile, nella misura in cui è affetto da errore, non essendo lo stesso contribuente tenuto a pagare più di quanto deve rimanere per legge a suo carico”.
Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 28844 del 16 dicembre 2020 dalla Sezione Filtro della Corte di Cassazione (Pres. Greco, Rel. D’Aquino) in soluzione di una controversia sorta tra l’Agenzia delle Entrate ed una società a responsabilità limitata specializzata nella ricerca e nella comunicazione strategica in merito alla ritrattabilità dell’istituto del ravvedimento operoso.
Nei fatti la società contribuente impugnava un silenzio rifiuto relativo a una istanza di rimborso IVA, deducendo di avere versato l’IVA, con sanzioni e interessi, in sede di ravvedimento operoso, per avere reso prestazioni in favore di committente unionale (irlandese) senza IVA, pur non essendo il contribuente emittente iscritto al VIES (VAT Information Exchange System). Ha dedotto che IVA, sanzioni e interessi, non erano dovuti, stante la mancanza del requisito della territorialità di cui all’art. 7-ter d.P.R. 633/1972. La CTP di Roma accoglieva il ricorso e la CTR del Lazio confermava la decisione di primo grado. In particolare il giudice di appello rilevava: a) che il ravvedimento operoso, al pari delle dichiarazioni del contribuente, fosse ritrattabile nei casi, come quello di specie, e cioè quando posto in essere per mero errore; b) che le somme versate a titolo di IVA fossero ripetibili, in quanto versate per una violazione di natura formale, quale la mancata iscrizione al VIES dell’emittente.
Differenti le convinzioni dell’Ufficio il quale, proponendo ricorso per cassazione, deduceva violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d. Lgs. 472/1997, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva ritenuto ritrattabile il ravvedimento operoso. In particolare l’Agenzia sosteneva che, una volta determinatosi il contribuente ad avvalersi di questo strumento, le somme versate in esecuzione dello stesso non fossero più ripetibili. Nelle motivazioni dell’Ufficio la considerazione che il ravvedimento operoso fosse istituto tale da implicare il riconoscimento della violazione della sussistenza dei presupposti della sanzione e da precludere la reversibilità di tale scelta.
I Giudici di Legittimità, respinto il ricorso dell’Agenzia e ribadito il suesposto principio di diritto, hanno evidenziato come, vista l’assenza dei presupposti per il versamento del tributo e delle sanzioni (circostanze accertate nel caso di specie con la sentenza impugnata) e stante la natura meramente formale della violazione commessa dal contribuente, non è ostativo al rimborso dei relativi importi il versamento degli stessi in sede di ravvedimento operoso, non essendo dovute sanzioni in assenza di debito di imposta per violazioni formali, ove non arrechino pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e al contempo non incidano sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e sul versamento del tributo.