La Corte di Cassazione con la sentenza n. 48029 della III Sezione penale (Pres. Sarno, Rel. Gai) depositata il 26 novembre 2019 ha affermato che per i delitti di infedele dichiarazione e di omessa presentazione, come per i reati di omesso versamento, l’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento, in quanto detto comportamento integra una causa di non punibilità. Di conseguenza si conclude che è possibile approdare al rito premiale alternativo per tutti i reati di cui sopra anche senza la preventiva estinzione del debito tributario.
Nel caso specifico l’amministratore unico di una Srl era imputato dei reati di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, in violazione degli artt. 5 e 10-quater del DLgs 74/2000. Il suo difensore otteneva, su epressa richiesta, il rito premiale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, di cui all’art. 444 cpp e ss. Il Tribunale al termine del giudizio di primo grado applicava la pena concordata con la pubblica accusa. Il Procuratore Generale proponeva però ricorso in Cassazione, eccependo che tale rito non si sarebbe potuto esplicitare in mancanza dell’integrale pagamento del debito tributario (art. 13 bis del DLgs 74/2000).
Per la Corte il ricorso è inammissibile in quanto non si applica al caso di specie il comma 2 dell’art. 13-bis (per il quale l’accesso al patteggiamento è subordinato al pagamento del debito tributario). Per la Suprema Corte è infatti evidente che la norma, rappresentando il pagamento del debito tributario, da effettuarsi entro la dichiarazione di apertura del dibattimento, quale causa di non punibilità dei reati di omesso versamento, non possa al tempo stesso logicamente costituire presupposto di legittimità di applicazione della pena (che non può certo riguardare reati non punibili). Analoga sorte, secondo la sentenza, seguono i reati di infedele ed omessa presentazione della dichiarazione (articolo 4 e 5 dlgs 74/2000).
Sul punto occorre segnalare che, qualche giorno fa, la medesima sezione della Cassazione – sentenza 47287 depositata il 21 novembre 2019 (Pres. Liberati, Rel Corbo) – aveva accolto il ricorso del Procuratore ritenendo fondate le censure di illegalità della pena per l’inapplicabilità del rito del c.d. “patteggiamento”, per il mancato pagamento del debito (o per il mancato verificarsi del ravvedimento operoso).
La Corte in quella sede aveva statuito che per i reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000, il rito speciale previsto dall’art. 444 e ss. cod. proc. pen. deve ritenersi ammissibile, a norma dell’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, solo quando, pur non sussistendo più i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 13 d.lgs. cit., i debiti tributari sono stati comunque estinti prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.