Con risposta ad interpello n. 313 del 30 aprile 2021 l’Agenzia ha fornito precisazioni circa la rilevanza del c.d. “reddito di cittadinanza” nel computo della determinazione del reddito per l’ammissione al beneficio del patrocinio legale a spese dello Stato (DPR 30 maggio 2002, n. 115).
Nei fatti l’Istante, Presidente del Consiglio di uno degli Ordini degli Avvocati nazionale, chiedeva all’Amministrazione Finanziaria di conoscere se il beneficio del reddito di cittadinanza fosse o meno rilevante ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio. Ciò a fronte di una richiesta pervenuta da un soggetto per il quale il reddito complessivo del nucleo familiare ammontava, per l’anno 2019, ad euro 11.520,00 (pari alle nove mensilità del reddito di cittadinanza percepito da aprile 2019), somma superiore al limite fissato dalla legge per l’ammissione al gratuito patrocinio.
L’Agenzia ha dapprima ricordato come le condizioni per poter essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato siano disciplinate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 contenente le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. In particolare, il comma 1 dell’articolo 76 del suddetto decreto stabilisce che può essere ammesso al gratuito patrocinio “chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.493,82”, mentre ai fini della determinazione dei limiti di reddito per poter accedere al beneficio il comma 3 del medesimo articolo prevede che si debba tenere conto “anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva”.
Nel rendere il proprio parere l’Ufficio ha richiamato una serie di documenti di prassi e pronunce giurisprudenziali tra cui: la risoluzione 21 gennaio 2008, n. 15/E, con la quale l’Agenzia ha chiarito che il reddito cui far riferimento al fine di determinare se sussistono le condizioni per l’accesso al gratuito patrocinio è il reddito imponibile ai fini dell’Irpef, così come definito dall’articolo 3 T.U.I.R., integrato dagli altri redditi indicati dall’articolo 76 del d.P.R. n. 115/2002; la Sentenza n. 36362/2010, Sez. IV, con la quale la Corte di Cassazione ha affermato che “ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato, per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi che non sono stati assoggettati ad imposte vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione; ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa”; l’ Ordinanza n. 24378/2019 con cui i Giudici di Legittimità hanno precisato che “si deve tener conto, nel periodo di imposta in cui sono percepiti, di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione, perché il legislatore, al fine di stabilire se la persona possa o meno fruire del patrocinio a spese dello Stato, non ha inteso limitarsi a prendere in considerazione i redditi dichiarati o comunque da dichiararsi in un determinato periodo di imposta, ma ha voluto prendere in considerazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) dalla persona effettivamente percepiti o posseduti, anche se esclusi dalla base imponibile”.
L’Agenzia dunque, coerentemente con quanto prospettato dall’Istante, ha chiarito che il beneficio del reddito di cittadinanza, pur essendo esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche e dall’imposta locale sui redditi nei confronti dei percipienti, debba essere considerato ai fini della determinazione del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio e, conseguentemente, che non possa essere ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato il soggetto che per effetto dell’erogazione di tali somme superi il limite di reddito a tal fine previsto.