Con l’ordinanza n. 15377, depositata il 20 luglio 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Dell’Orfano) riprende il tema della responsabilità del liquidatore per debiti della società estinta e delle modalità attraverso le quali tali debiti possono essere contestati al liquidatore stesso.
Nel caso della sentenza di appello impugnata dal liquidatore della disciolta società, infatti, la CTR aveva ritenuto la legittimità della cartella esattoriale pur in mancanza di previa notifica all’ultimo legale rappresentante di un avviso di accertamento che illustrasse «oltre ai presupposti di fatto e di diritto della pretesa (art. 42 del DPR 600/73) anche le ragioni per le quali l’Agenzia delle entrate ritenesse responsabile dei debiti tributari sociali anche il ricorrente, quale ex amministratore unico della stessa; »
Inoltre con separato motivo di ricorso si lamentava «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto … art. 19 D.Lgs. 46/99 per avere la CTR omesso di rilevare la limitazione della responsabilità del ricorrente alle imposte sui redditi di cui all’art. 36 D.P.R. n. 602/1973; ».
La Corte accoglie queste specifiche doglianze del contribuente e ricorda le linee di riferimento ed i limiti della responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione. Infatti nelle fattispecie previste dall’art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria ex lege (per gli organi, in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle Imprese (cfr. Cass. n. 7327/2012; conf. Cass. nn. 29969/2019, 17020/2019).
Con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati a carico della società, è riconosciuta, infatti, all’amministrazione finanziaria dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 (applicabile ratione temporis alle sole imposte sui redditi di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 19) azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, con azione esercitabile alla duplice condizione A) che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza e B) che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (cfr. SU 2820/1985; conf. Cass. nn. 2768/1989, 9688/1995, 8685/2002).
Tale azione è parimenti esercitabile, ai sensi dell’art. 36, 4° co., DPR n. 602/1973, nei confronti degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.
Quello verso il liquidatore e l’amministratore è, in conclusione, credito dell’Amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa (S.U. 2767/1989), ancorché detta responsabilità debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificare ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario ex art. 36 cit., penult. e ult. c.c. (Cass. 7327/2012, 11968/2012). Essa è, sempre, riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.c. (Cass. 12546/2001), con onere per l’Amministrazione di provare d’avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore (Cass. 10508/2008)
Nel caso in contestazione la Corte rileva la mancanza di quell’atto motivato che accerti la responsabilità dell’amministratore in relazione agli elementi obiettivi della sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute ed ogni eventuale integrazione avvenuta sul punto solo in corso di causa trascura che, nel giudizio tributario, l’oggetto dei dibattito processuale è delimitato da un lato dalle ragioni di fatto e di diritto esposte dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato, e dall’altro dagli specifici e correlati motivi d’impugnazione dedotti dal contribuente nel ricorso introduttivo (cfr. Cass. n. 10779/2007).
Inoltre secondo la normativa vigente all’epoca dei fatti la peculiare responsabilità di natura civilistica e non strettamente tributaria ex art. 36 cit. risulta applicabile peraltro alle sole imposte sui redditi e non all’imposizione sul valore aggiunto o sulle attività produttive.