La sentenza 26 ottobre 2016, n. 21569 della Corte di Cassazione prende in esame la vicenda di una rettifica del valore di un ufficio compravenduto per l’applicazione dell’imposta di registro ai sensi dell’articolo 51 del DPR 131/86; rettifica che si basava esclusivamente sulle quotazioni del mercato immobiliare fissate dall’apposito osservatorio (c.d. valori OMI).
Secondo la quinta sezione (Pres. Chindemi, Rel. Meloni) la CTR ha sbagliato nel ritenere adempiuto da parte dell’Agenzia l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore in materia di imposta di registro nonché l’onere probatorio posto a capo dell’Ufficio con le sole quotazioni O.M.I. per aree edificabili site nel medesimo comune, relative ai valori di mercato per immobili similari.
Le stime dell’OMI, secondo la Corte, sono meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggior valore. Pertanto non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall’Ufficio e dovevano essere integrate da altri elementi probatori, per essere considerate ragionevolmente attendibili.
Nella Ordinanza n. 25707 del 21/12/2015, si ricorda, si è già affermato che “Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima”.”
D’altro canto, aggiungiamo noi, ormai anche una circolare dell’Agenzia delle entrate (n. 16/E/2016) ha riconosciuto che le quotazioni OMI rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell’individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell’Ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria. Nella stessa Circolare per la verità si attribuisce allo scostamento rispetto ai valori OMI (con l’utilizzo di un apposito applicativo) il valore di segnale di non normalità della transazione. Segnale tutto da elaborare, tuttavia, col ricorso ad altri elementi. Ivi inclusa, a nostro modestissimo avviso, una fase di necessario (o quantomeno opportuno) contraddittorio con il contribuente.