Con sentenza n. 6801 del 11 marzo 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Chindemi, Rel. Vecchio) torna ad esprimersi sul tema del procedimento di revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali ex art. 1, comma 335 della legge n. 311 del 2004.
La Suprema Corte, riprendendo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ribadito che, in tema di estimo catastale, ogni avviso di accertamento inerente la riclassificazione immobiliare prevista dall’art. 1, comma 335 della legge n. 311 del 2004 (c.d. legge finanziaria) perché possa essere ritenuto sufficientemente motivato debba contenere non soltanto la congruenza ai parametri di legge previsti dal citato articolo, ma anche gli aspetti tali da consentire al contribuente di evincere tutti gli elementi che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento. In quest’ottica è dunque imprescindibile il riferimento agli elementi indicati dall’art. 8 del d.P.R. n. 138 del 1998 (quali, ad esempio, la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), ma anche l’applicazione dei parametri previsti in via ordinaria dall’art 3 comma 154 della legge n. 662 del 1996 col quale è imposto che si tenga conto dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita. Dunque anche qualora la revisione abbia ad oggetto il classamento di microzone comunali a carattere diffuso è inevitabile che i relativi avvisi emanati nei confronti del singolo contribuente siano tali da metterlo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, non essendo a tal riguardo sufficienti né l’insistenza dell’immobile nell’area soggetta a riclassificazione, né tantomeno la sola previsione di assicurare al medesimo la mera possibilità di fornire prova contraria in sede contenziosa.
Nei fatti una arciconfraternita proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR del Lazio che, in conferma di quanto disposto dal giudice di prime cure, aveva rigettato le doglianze della contribuente avverso l’avviso di accertamento catastale di revisione del classamento di due unità immobiliari site nel comune di Roma. Nel ricorso in questione la contribuente lamentava che l’avviso di accertamento impugnato non risultava esaustivamente motivato e che pertanto non era stata messa nelle condizioni di comprendere né le effettive variazioni subite dal contesto urbano né quali caratteristiche intrinseche del fabbricato o delle unità immobiliari erano state valutate per determinare concretamente la classe e la rendita, né la supposta analogia con altre unità immobiliari prese in comparazione.
Il Giudice Supremo, accogliendo il ricorso, ha rilevato come la Commissione tributaria regionale nell’esprimere il proprio giudizio fosse incorsa nella denunziata violazione delle norme di diritto indicate dalla ricorrente poiché, nella fattispecie in oggetto, “La mera precisazione della « posizione [dell’immobile] all’ interno della area censuaria e della microzona » non equivale, per vero, alla valutazione (omessa nell’avviso di accertamento catastale) delle intrinseche caratteristiche edilizie delle unità immobiliari, in quanto il « fattore posizionale » prescinde – alla evidenza – dalle condizioni del fabbricato che rilevano ai fini del classamento, quali lo stato di conservazione, il grado di rifinitura, l’esposizione, l’anno di costruzione etc…, c.d. « fattore edilizio » ai sensi dell’art. 8, comma 7, d.P.R. 23 marzo 1998, n. 138.”