L’ Ordinanza 31 maggio 2019, n. 14943 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. Triscari) affronta la questione, posta dall’Agenzia delle Entrate, dei limiti processuali all’attività difensiva del contribuente che, non essendosi munito di difesa tecnica nel corso del giudizio di primo grado, sia stato rimesso dal giudice di appello al giudice di primo grado per provvedervi.
La CTR aveva infatti ritenuto che la parte ricorrente non aveva proposto motivi nuovi ma giusti motivi che solo un professionista che avesse studiato l’accertamento avrebbe potuto sollevare in difesa del suo cliente.
La Corte rammenta che nella propria giurisprudenza (Cass. civ. Sez. V, 15 ottobre 2013, n. 23315) si è espressa già su una questione simile, concludendo che “nel caso in cui – in una causa di valore superiore ad Euro 2.582,28 – la parte, dopo avere proposto personalmente il ricorso, sani l’irritualità del detto ricorso, munendosi di assistenza tecnica, è al primo atto del difensore che vanno ricollegate le prescritte preclusioni processuali”.
Per i Giudici di Legittimità tale interpretazione appare l’unica compatibile con l’esercizio effettivo del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., essendo indubbio che, una volta ritenuto dal legislatore necessaria (per i giudizi di importo superiore ad Euro 2.582,28) l’assistenza tecnica, deve essere consentito al difensore abilitato la più ampia difesa del contribuente, senza che la stessa sia limitata (pena, appunto, la violazione dell’art. 24 Cost.) da precedenti impostazioni del contribuente, difesosi personalmente, e quindi, (come detto) in modo non rituale.
Ne consegue il rigetto del ricorso dell’Agenzia. Vengono compensate le spese poiché, prima della presentazione del ricorso per cassazione non esistevano precedenti in materia da parte della Suprema Corte.