Con sentenza n. 25343 del 11 novembre 2020 e con ordinanza n. 25338 del 11 novembre 2020 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Pandolfi) si è espressa circa la corretta individuazione dei parametri utilizzati per la ricostruzione dai ricavi dei tassisti, in relazione a due controversie sorte tra l’Agenzia e due contribuenti fiorentini.
Nei fatti due conducenti di taxi in Firenze ricevevano distinti avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2003 con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava maggiori redditi d’impresa ai fini IRPEF avendo rilevato in entrambi i casi incongruità tra i ricavi dichiarati ed alcuni parametri riscostruiti sulla base dei dati forniti. I contribuenti avevano opposto l’atto impositivo alla CTP di Firenze che aveva tuttavia respinto i ricorsi; stesso esito avevano gli appelli alla CTR della Toscana. Da qui i ricorsi in Cassazione mediante i quali, in particolare, veniva contestato l’utilizzo da parte degli accertatori dei parametri della c.d. “resa chilometrica” e della c.d. “corsa media”.
La Corte con riferimento al primo dei citati parametri ovvero quello della “resa chilometrica”, dato dalla risultante della divisione dei ricavi dichiarati per i chilometri indicati come percorsi, ha tuttavia disatteso le doglianze dei contribuenti ritenendo fondate le motivazioni fornite dalla CTR. In entrambi i casi l’Ufficio aveva ritenuto inattendibili i dati dichiarati dai contribuenti (0,70 euro per chilometro percorso) se rapportati alle tariffe stabilite dal “Regolamento Unificato per il servizio di taxi” allegato alla delibera del Consiglio comunale fiorentino n. 432 del 28/05/03, in base al quale il costo per ogni chilometro percorso era indicato in euro 0,79, fino al 31 marzo 2003 e successivamente in euro 0,81. In tal senso a nulla sono valse le obiezioni dei contribuenti che, lamentando come il parametro assunto dall’Ufficio fosse basato su dati disomogenei in quanto non teneva conto del fatto che la resa chilometrica da loro indicata computasse anche i chilometri percorsi “a vuoto” (relativi ad esempio al tragitto di ritorno dal luogo in cui veniva accompagnato il cliente al punto di stazionamento del taxi o ai casi in cui il cliente, dopo la chiamata non avesse atteso l’arrivo del mezzo), avevano proposto criteri di calcolo a loro avviso più realistici, non presi però in considerazione dalla CTR.
I giudici di legittimità hanno invece accolto i motivi di ricorso dedotti dai contribuenti in relazione all’utilizzo del parametro della “corsa media” ritenendolo di conseguenza inattendibile nei casi in questione. La CTR assumeva infatti come significativo, per addivenire alla rettifica della dichiarazione reddituale, il parametro della corsa media (determinato dall’Ufficio in 3,2 km) attribuendo ad esso una oggettiva e conclamata fondatezza individuata in una non meglio precisata provenienza istituzionale del dato. La Corte, negando perentoriamente la sostenuta ufficialità, ha invece rilevato come per contro: non risultasse alcuna indagine cui il Comune avesse in qualche modo conferito formalità al dato richiamato; non esistessero accordi tra l’ente ed associazioni di categoria né documenti che li contenessero; non venisse indicato alcun elaborato proveniente dall’ente locale classificabile come fonte ufficiale; l’avviso di accertamento facesse riferimento a “notizie di stampa” (peraltro riferite al 2007) relative ad accordi tra l’ente e le associazioni di categoria.