In tema di rimborsi IVA l’art. 30, terzo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che l’eventuale eccedenza d’imposta a credito di ammontare superiore a 2.582,28 euro possa essere richiesta a rimborso, totalmente o parzialmente, laddove sussistano i presupposti indicati dal secondo comma di tale articolo, il quale, alla lett. c), menziona il rimborso dell’eccedenza i.v.a. limitatamente all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili.
Dato che la parola “acquisto” connota in generale il trasferimento di proprietà, si è posto il problema se l’acquisizione in leasing di beni possa o meno essere considerato un presupposto valido per il rimborso. O almeno, se tale presupposto sussista o meno anche prima del riscatto del bene.
L’ Ordinanza 10 maggio 2019, n. 12457 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Perrino, Rel. Catallozzi) risolve la questione in senso positivo, pur riconoscendo che esiste un filone giurisprudenziale contrario sul punto.
I Giudici ricordano infatti che secondo un primo orientamento, la giurisprudenza di legittimità escludeva il diritto del concessionario al rimborso dell’eccedenza detraibile dell’i.v.a. di importo superiore ad euro 2.582,28, assolta relativamente a beni ammortizzabili detenuti in virtù di contratto di leasing, in considerazione del fatto che, prima dell’esercizio del diritto di riscatto, non si verificava alcun effetto traslativo a suo favore (cfr. Cass. 24 settembre 2014, n. 20072).
D’altro canto è stato, però, evidenziato, che la funzione di tale contratto è costituita dal fornire all’utilizzatore la disponibilità economica (con i connessi rischi) del bene oggetto del contratto in modo analogo ad un proprietario. E’ stato, inoltre, sottolineato che un’anticipazione, a fini fiscali, dell’effetto traslativo al momento di effettiva consegna del bene è imposta anche dall’art. 14 par. 1, della direttiva IVA, il quale riferisce il concetto di «cessione di beni» al trasferimento non alla disponibilità giuridica del bene, ma «del potere di disporre di un bene come proprietario».
Inoltre va ricordato che secondo la giurisprudenza eurounitaria l’operazione realizzata con la conclusione di un contratto di leasing relativo ad un bene che preveda o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto immobile, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, va equiparata a un’operazione di acquisto di un bene di investimento (cfr. Corte Giust., 2 luglio 2015, NLB Leasing-, Corte Giust. 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt).
Su tali elementi anche la Cassazione, più recentemente, ha affermato che l’operazione di leasing deve essere equiparataall’acquisto di un «bene di investimento» e, quindi, si verifica a suo favore, anche prima dell’esercizio del diritto di riscatto, l’ipotesi di acquisto di un «bene» ammortizzabile prevista dall’art. 30, terzo comma, lettera c), d.P.R. n. 633 del 1972 (così, Cass. 16 ottobre 2015, n. 20951).
Nella vicenda in esame la Sezione Tributaria ritiene dunque di collocarsi su questa più recente lettura. La motivazione pare esaustiva e ben strutturata, tenendo conto delle varie posizioni giurisprudenziali e della loro evoluzione.