Il Presidente uscente della Sezione Tributaria della Cassazione, Dott. Mario Cicala, in veste di collaboratore della Fondazione Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, firma un approfondimento sulle sanzioni tributarie in rapporto all’incertezza della norma e al legittimo affidamento del contribuente.
Le due situazioni sono analizzate nei profili di diritto e pratici.
Interessante il rapporto tra aspetto letterale delle norme e diritto vivente. Infatti in sede di prima applicazione di una legge appena emanata le “condizioni obbiettive di incertezza” vadano ricercate esclusivamente nel contesto della norma, nella imprecisione della terminologia legislativa (Cass. 29 settembre 2003, n. 14476, ritiene l’esimente sussista «quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto derivante da elementi positivi di confusione»). E dunque non vi è incertezza quando la legge sia di chiara e piana lettura; quando sia ad essa applicabile il brocardo “in claris non fit interpetatio” (invero non del tutto esatto: “in claris fit interpretatio” ma la interpretazione logica coincide con quella letterale). Con il formarsi di dottrina, giurisprudenza, circolari, l’oscurità della norma può però sciogliersi attraverso l’ applicazione uniforme di essa, cioè attraverso un “diritto vivente” ben conoscibile dal cittadino, o almeno dal professionista, diligenti. Oppure può accadere che questo “diritto vivente” stenti a solidificarsi, ed allora l’incertezza è supportata da elementi che concorrono a rendere dubbia l’applicazione della legge: sentenze contrastanti, circolari imprecise…
In giudizio la disapplicazione delle sanzioni va chiesta obbligatoriamente per poterla ottenere. Il giudice non può escludere l’applicazione delle sanzioni ove il ricorso introduttivo non contenga la deduzione dell’ incertezza del dato normativo, elemento costitutivo del beneficio, dovendosi escludere che il giudice tributario possa decidere di applicare l’esimente ricercandone d’ufficio i presupposti (sentenza della Cassazione n. 18434 del 26 ottobre 2012).
Interessante la lettura dell’articolo 8 del D.Lgs. 546/92 contenuta in una massima della Suprema Corte. La sentenza n. 24670 del 28 novembre 2007 con interpretazione “praeter legem” indica la Corte di Cassazione fra i soggetti legittimati ad applicare l’art. 8 del D. Leg. 546/1992 . L’affermazione scavalca la lettera della legge che parla solo di commissioni tributarie; e si giustifica con considerazioni sistematiche. Se la Corte di Cassazione è chiamata fornire l’ interpretazione uniforme della legge, è anche logicamente il più qualificato giudice dell’ incertezza in ordine alla portata ed all’ ambito di applicazione della legge stessa.