La Sentenza n. 25472 della VI Sezione della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2016 (Pres. Cirillo, Rel. Federico) si occupa di un ennesimo caso in cui l’Agenzia delle Entrate, con una estensiva interpretazione dell’articolo 36-bis del DPR 600/73, ritiene di liquidare imposta sul presupposto che sia “dovuta in base alla dichiarazione” anche se di mero ricalcolo o correzione non può parlarsi.
Nello specifico erano stati utilizzati sì dei dati esposti in dichiarazione ma si trattava di quelli riferiti al cosiddetto “test di operatività” e non di un importo indicato quale reddito effettivamente percepito.
La Corte in conformità con precedenti sentenze spiega che il mancato raggiungimento del reddito minimo costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto(Cass. 21358/2015).
Non siamo pertanto in una situazione riferibile all’art. 36 bis Dpr 600/73. La liquidazione ivi prevista è infatti ammissibile solo quando l’importo sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolversi questioni giuridiche (Cass.11292/2016; 20431/2014). Non è legittima dunque l’emissione immediata della cartella di pagamento per ricalcolo sulla base del test di operatività, essendo invece necessario un atto di accertamento. Il test predetto è infatti un dato meramente presuntivo, sulla base del quale il contribuente ben potrà fornire la prova contraria contestando le risultanze dei parametri e degli indici di cui all’art. 30 L.724/1994.