Spese del giudizio: necessaria la distinzione tra spese e onorari per ciascun grado di giudizio.

Qualche mese fa avevamo trattato di una massima con cui la seconda sezione della Corte di Cassazione, (Ordinanza n. 21486 del 31 agosto 2018 (Pres. Petitti, Rel. Grasso)), aveva affermato che è il d.m. n. 55/2014 a stabilire i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

Successivamente abbiamo riportato la Sentenza 21 giugno 2018 n. 16415 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (Pres. Schirò, Rel. Armano), la quale ha affermato il principio di diritto per cui «a fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art.429 c.p.c, sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss c.p.c. per ottenerne la quantificazione»

In questo quadro si inserisce la sintetica, ma interessante, Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12840 della sesta sezione della Corte di Cassazione (Pres. Iacobellis, Rel. Capozzi) che ha deciso sul ricorso di una contribuente avverso una sentenza di CTR che aveva liquidato in via omnicomprensiva le spese legali del primo, del secondo e del grado di rinvio, senza consentirle di controllare la correttezza della liquidazione e senza altresì indicare l’ammontare delle spese vive rimborsate.

Secondo la sezione filtro la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che, in tema di spese giudiziali, il giudice è tenuto a liquidare in modo distinto le spese e gli onorari in relazione a ciascun grado di giudizio, perché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e, di conseguenza, le ragioni per le quali siano state eventualmente ridotte le richieste presentate nelle note spese; è inoltre pacifica la giurisprudenza, secondo la quale il giudice è tenuto ad indicare l’importo delle spese vive rimborsate (cfr. Cass. 6 T n. 19623 del 2016; Cass. 6 T n. 20935 del 2017).

Il ricorso della contribuente viene pertanto accolto.