Con l’ordinanza 15147 della VI Sezione della Corte di Cassazione, depositata il 3 giugno 2019 (Pres. Iacobellis, Rel. Conti) si ripete lo schema, che è stato oggetto di alcune riflessioni critiche nell’ultimo numero della nostra rivista mensile, con cui vengono ultimamente disapplicate dal Giudice di Legittimità molte regole di garanzia per il contribuente.
La questione è diventata in ambito tributario talmente diffusa e reiterata da far davvero meditare.
La modalità operativa è sempre la stessa. Esiste un principio di garanzia, contenuto stavolta in un testo (stavolta lo “Statuto” – Legge 212/2000) le cui norme, emanate “in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali” (art. 1, primo comma).
Nel caso specifico si tratta della regola, recata dal quarto comma dell’articolo 6, per cui “Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente. Tali documenti ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell’articolo 18, commi 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, relativi ai casi di accertamento d’ufficio di fatti, stati e qualità del soggetto interessato dalla azione amministrativa”.
Il divieto posto “in ogni caso” nel contesto di un precetto che fa parte dei principi immanenti dell’ordinamento giuridico tributario, non pare ammettere limiti o condizioni.
E invece no. Ecco che arriva il “precedente” di segno contrario a risolvere la questione. E la garanzia non c’è più.
Testualmente si legge: “la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che l’amministrazione fiscale è tenuta a prendere posizione e a pronunziarsi in modo specifico e motivato su documenti in possesso della stessa, purché sia il contribuente a dedurre che la prova di una determinata circostanza a lui favorevole emerga dalla documentazione detenuta da un’amministrazione pubblica – cfr. Cass. n. 21512/2004, Cass. n. 958/2015”.
Quindi se il contribuente non ha richiamato la documentazione presente presso un’altra amministrazione la regola di garanzia non vale. Alla faccia del principio da applicare “in ogni caso”.
Su questa base qualche settimana fa la quinta sezione aveva eluso addirittura tre principi di legge nella stessa ordinanza al punto che noi stessi, solitamente molto rispettosi delle decisioni della Corte, abbiamo sollevato delle osservazioni critiche.
Si ricordava come spesso, nello scardinare i Principi e le Leggi, si usa il precedente. Ma non è questa la funzione dello “stare decisis”. Il Giudice è soggetto solo alla Legge, come recita l’articolo 101 della Costituzione. E se un precedente non fa corretta applicazione della norma non va citato e utilizzato (magari pro-fisco). Va invece disatteso e motivatamente censurato.
Approfittiamo dell’occasione per ribadire questo nostro modestissimo convincimento.