Utilizzabili nelle indagini finanziarie sul contribuente i conti correnti dei congiunti che non possano giustificare i movimenti. Da considerare tuttavia solo le entrate e non anche i prelevamenti se l’accertamento riguarda un professionista.

L’intestazione formale a terzi dei conti corenti bancari in relazione alle indagini finanziarie di cui all’articolo 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600/1973 può essere superata in caso di sostanziale imputabilità al contribuente delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti. La riferibilità al contribuente può infatti desumersi da elementi sintomatici quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo d’imposta, l’infedeltà della dichiarazione e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività a dette disponibilità riferita (cfr. Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26829; Cass. sez. 5, 6 dicembre 2011, n. 26173).

Questo il principio, non nuovo peraltro, affermato dalla Corte di Cassazione nella Sentenza 15 gennaio 2020, n. 547 della Sezione Tributaria (Pres. Cirillo, Rel. Napolitano).

In caso l’accertamento interessi non un imprenditore, ma un professionista, tuttavia, non scatteranno le presunzioni sui movimenti rilevati in uscita sui conti dei terzi congiunti. Infatt per effetto della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale ad opera di Corte cost. 6 ottobre 2014, n. 228, la presunzione legale relativa di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari, relativamente ai prelevamenti, per i quali il contribuente non abbia dimostrato che se ne sia tenuto conto ai fini delle relative dichiarazioni dei tributi oggetto di ripresa o che siano ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione, resta circoscritta ai soli titolari di reddito d’impresa (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, ord. 16 novembre 2018, n. 29572; Cass. sez. 5, 26 settembre 2018, n. 22931; Cass. sez. 6-5, ord. 30 marzo 2018, n. 7951; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16697). Nel caso specifico si trattava invece di un contribuente titolare di reddito da lavoro autonomo, per il quale, quindi, la presunzione relativa anzidetta è applicabile ai soli versamenti.